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Star Trek Into Darkness: recensione adeguatamente profana

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hr_Star_Trek_Into_Darkness_35Ciao, mi chiamo Nanni Cobretti, e l’unica volta che ho guardato un documento audiovisivo etichettato “Star Trek” per più di 15 minuti in vita mia è stato in occasione del primo film diretto da J.J. Abrams. In quanto tale, credo di rientrare a pennello nel target di questa nuova saga, il cui scopo è conquistare un pubblico vecchio e nuovo o, come dice il proverbio, tirare un calcio al cerchio e uno alla botte.
Personalmente mi fa molto piacere che l’approccio sia aperto a tutti, perché anch’io posso finalmente mettermi in pari con un pezzo importante di cultura pop dei nostri tempi e conoscere personaggi di cui prima sapevo a malapena il nome: il Capitano Kirk, giovane scavezzacollo ribelle, impulsivo e morto di figa, dalla caratteristica testa sovradimensionata; Spock, volubile checca isterica fuori controllo, come intuibile dalla frangetta alla Bettie Page; Bones, biologo di scuola Lindelof e noto portasfiga; Uhura, donna; Sulu, cinese; Checov, russo; Scotty, scozzese. E tutte quelle strizzatine d’occhio alla vecchia serie che i fans amano, tipo Kirk che ascolta il remix di Fat Boy Slim di Body Movin’ dei Beastie Boys come nel primo storico episodio del ’66, e altre cose che sicuramente non mancherete di elencare nei commenti.
Abrams, Orci, Kurtzman e Lindelof, regista e sceneggiatori, sono molto bravi nel fare una cosa che io apprezzo molto in un filmmaker: hanno un orecchio solidissimo per il ritmo di un film e la sua gestione delle emozioni. Sanno quando alzare e abbassare, quando stupire, quando rallentare, quando pestare e quando farsi indietro, e lo sanno con freddissima precisione. Dove vanno meno forte, sono i contenuti o le motivazioni.
Lindelof in particolare è facilissimo da sfottere in questo senso, perché ha tirato strafalcioni che ormai rimarranno nella storia. Sa qual è il momento assolutamente perfetto per far scattare la minaccia mortale, ma l’unica soluzione che gli viene in mente per scatenarla è un biologo che accarezza una creatura aliena sconosciuta che sta osservando per la prima volta. Sa che una scena di morte è emozionalmente molto più potente se di colpo buono e cattivo stanno scappando fianco a fianco dalla stessa enorme, rotolante minaccia, ma il prezzo di questa intensità è che un personaggio fino a quel momento dotato di freddezza glaciale di colpo non trova lo spirito per spostarsi di lato.

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Una scena del film

Per fortuna, Star Trek non è Prometheus. Non perché le cazzatissime siano meno ma perché, a differenza di Prometheus, Star Trek non passa metà film a stimolare e puntare il dito su profonde domande filosofiche per poi far finta di nulla e lasciare con l’amaro in bocca (eufemismo), ma vuole soltanto farci godere una bella storia d’avventura.
E allora bene o male tutto funziona: si lascia che tutti i luoghi comuni si incastrino al loro telefonatissimo posto con diligenza scolastica, che i personaggi facciano o dicano cose ad effetto ma che a ripensarci non hanno senso e che a un certo punto, addirittura, per risolvere un buco di sceneggiatura, compaia un personaggio della vecchia serie tv a spiegare l’entità della minaccia perché l’ha conosciuta negli episodi precedenti.
Il trucco è lasciarsi trasportare, godersi un cattivo cazzuto interpretato da un Beneditch Cumberbitch (che non lo conosco ma mi è simpatico di default perché il suo nome fa rima) impegnatissimo a farsi notare storcendo la bocca e comandando tutti a bacchetta, ammirare un Peter Weller più in forma che mai e un Simon Pegg dare tutto nell’ennesimo ruolo hollywoodiano ingrato, e godersi su uno schermo più grande possibile una delle scene più spettacolarmente catastrofiche dell’anno, piazzata lì forse anche per farsi perdonare una buona metà del film ambientata unicamente dentro all’Enterprise, alla faccia dell'”esplorare nuovi mondi”.
Ci si diverte, non ci si annoia e si segue tutto benissimo anche nell’ignoranza più completa, ma se non si è fans il giorno dopo ci si è scordati tutto (da qui immagino il sottotitolo “into darkness”).
Il retrogusto, fatto di freddezza e insensataggini varie, è inutilmente pericoloso: fossi in voi non ci darei troppo peso.

"DIO[spoiler]!!!!!"

“DIO[spoiler eliminato]!!!!!”

DVD-quote:

“Madonna mia, Spock, datti una calmata”
Nanni Cobretti, i400Calci.com

>> IMDb | Trailer


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